Superbonus in condominio: che fare senza cessione e sconto?
Con il recente Decreto 39/2024 che ha cancellato la possibilità, per le spese inerenti i lavori condominiali, di fruire della cessione del credito d’imposta, molti condomini si trovano in evidente difficoltà, in particolare per quanto riguarda la gestione del Superbonus 110%. Questo provvedimento, entrato in vigore il 30 marzo, potrebbe infatti compromettere i piani finanziari già stabiliti dalle assemblee, lasciando molti interventi di ristrutturazione incompleti. Una cosa è certa: non è possibile recedere da un contratto di appalto già firmato, a meno che non vi sia il consenso della controparte, ossia la ditta edile.
Fino ad oggi, la cessione del credito fiscale era considerata una soluzione praticamente scontata per molti contribuenti, consentendo di beneficiare di anticipi di liquidità forniti dallo Stato attraverso sconti in fattura o cessioni di credito d’imposta. Tuttavia, con l’introduzione del nuovo decreto, questa opzione non sarà più disponibile, costringendo i condomini a sostenere interamente le spese iniziali delle ristrutturazioni e a contare solamente sulle detrazioni fiscali.
Una stima iniziale, basata sull’analisi dei dati forniti mensilmente da Enea sull’andamento degli investimenti legati al Superbonus, suggerisce che le nuove regole potrebbero colpire duramente i lavori nelle loro fasi iniziali. Dall’analisi emerge che, a partire dalla fine del 2022, si attivano mediamente oltre 5.000 cantieri condominiali al mese. Supponendo che molti di questi, avviati nel 2024, incontrino difficoltà a seguito del decreto, in soli tre mesi il numero di condomini a rischio potrebbe raggiungere quota 15.000.
Uno scenario problematico emerge per quegli edifici che, avendo iniziato i lavori sulla base di una Cilas presentata entro il 16 febbraio 2023, non hanno ancora raggiunto il Sal del 30% richiesto per la cessione del credito, e che quindi, in seguito all’entrata in vigore del decreto, perderebbero questa possibilità.
Un’altra situazione frequente riguarda i condomini che, pur avendo deliberato lavori e firmato contratti con le imprese versando un acconto, non hanno ancora realizzato opere fatturabili in cantiere. Questi si trovano ora nell’impossibilità di accedere alla cessione del credito o allo sconto in fattura. In un contesto in cui la detrazione del Superbonus è stata ridotta al 70%, questa mancanza costringe i condomini a coprire una quota significativa dei lavori, spesso anticipata alle imprese.
La questione è ora al vaglio del Parlamento, con il Senato chiamato a esaminare le criticità emerse. La commissione Finanze sarà il primo banco di prova per questo decreto, che potrebbe avere effetti significativi sul panorama residenziale italiano e, in particolare, sulla gestione dei lavori condominiali legati al Superbonus. Cosa succede ora? Gli amministratori saranno costretti a convocare nuove assemblee condominiali per rivalutare le decisioni precedentemente prese riguardo ai lavori di ristrutturazione, con la possibilità concreta di dover fare marcia indietro.
Se il contratto di appalto non è stato ancora firmato, nonostante l’esistenza di una delibera esecutiva, è necessaria una nuova assemblea per riconsiderare l’avvio dei lavori a fronte delle mutate condizioni. Questa potrebbe comportare la decisione di procedere con i lavori a prescindere da tutto o di sospendere l’iniziativa. In situazioni in cui il contratto sia già stato stipulato ma i lavori non siano ancora iniziati, o lo siano senza il versamento di un acconto, si impone la convocazione immediata dell’assemblea per valutare le opzioni disponibili tra cui la modifica delle condizioni contrattuali, in particolare per quanto riguarda i metodi di pagamento, o l’istituzione di un fondo speciale, come previsto dall’articolo 1135 del Codice civile, per affrontare le nuove esigenze finanziarie.
Nel caso in cui i lavori vengano interrotti a causa delle nuove disposizioni, sarà comunque necessario onorare i compensi dei professionisti coinvolti fino a quel momento, secondo gli accordi pattuiti.