Celle di Grätzel, fino al 30% di efficienza con la luce diffusa
Le celle di Grätzel, unità fotovoltaiche in cui coloranti organici sostituiscono il tradizionale silicio, hanno tagliato un nuovo traguardo. E lo hanno fatto proprio là dove tutto è iniziato: in Svizzera. Più precisamente presso l’École polytechnique fédérale de Lausanne (EPFL), dove agli inizi degli anni ’90 i chimici Michael Grätzel e Brian O’Regan realizzarono la prima cella solare sensibilizzata con colorante o DSSC (e chiamata in seguita con il nome di Grätzel)
Da allora il lavoro non si è mai fermato. E nonostante la tecnologia sia partita più lentamente rispetto quella a semiconduttori inorganici, oggi si è ritagliata una nicchia di mercato nell’edilizia, nell’elettronica portatile e nell’IoT. Merito di caratteristiche tecniche peculiari, come la trasparenza, il colore, l’estrema flessibilità e la capacità di sfruttare anche la luce ambientale diffusa oltre a quella incidente.
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Negli anni, gli scienziati dell’EPFL hanno migliorato ulteriormente le prestazioni e oggi presentano due nuovi record per le celle di Grätzel grazie ad alcuni recenti progressi nei fotosensibilizzatori e in altri componenti delle DSSC. Uno di questi ricorda vagamente l’approccio “tandem”. Nell’assemblare le celle solari con pigmenti, è possibile utilizzare una tecnica chiamata co-sensibilizzazione. Il procedimento impiega in una sola unità due o più coloranti diversi che mostrano un assorbimento ottico complementare. Aumentando di fatto la porzione di spettro sfruttabile e di conseguenza l’efficienza di conversione. Tuttavia, trovare la giusta combinazione di pigmenti non è facile e richiede un enorme lavoro di progettazione, sintesi e screening molecolare.
Gli scienziati dei gruppi Grätzel e Anders Hagfeldt dell’EPFL hanno ora sviluppato una “scorciatoia”; un metodo per migliorare l’assemblaggio di due nuove molecole di pigmento fotosensibilizzanti e aumentare le prestazioni fotovoltaiche delle DSSC. Il risultato? Le nuove celle di Grätzel offrono per la prima volta un’efficienza di conversione del 15,2% alla luce solare diretta, con una stabilità operativa a lungo termine di oltre 500 ore. L’aumento della superficie attiva di 2,8 cm2 ha inoltre permesso di ottenere un’efficienza di conversione compresa tra il 28,4% e il 30,2% in un ampio range di intensità della luce ambientale. E anche in questo caso con un’ottima stabilità. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista scientifica Nature (testo in inglese).